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Titolo. Lo scopino assassino [RIPOSTAGGIO]
Fandom. Detective Conan
Personaggi. Conan, Kogoro
Rating. PG
Warning. crack
Conteggio Parole. 1924
Beta-reader. //
Riassunto. L’oggetto in questione, sollevato in aria dal trionfante Mouri, rivelò la sua vera essenza: era uno scopettino per il water. Bianco.
Disclaimer. I personaggi che compariranno loro malgrado in questa cosa che ho la sfacciataggine di chiamare fanfiction sono di proprietà di Gosho Aoyama e degli altri soggetti aventi diritto. Come al solito li restituirò senza un graffio e bla bla bla ma con l’autostima a terra e vergognosi come bimbette timide, tanto da non riuscire a mostrarsi al loro pubblico adorante per almeno un mese. Se il prossimo file uscirà in Giappone con un mese di ritardo saprete perché.
“Che sia questo?”
Il detective Kogoro Mouri allungò timorosamente una mano, munita di fazzoletto per non cancellare le impronte, ad afferrare l’oggetto in questione; lo squadrò con la bocca aperta e un’espressione reverenziale.
“Che sia con questo... che l’aggressore ha colpito la vittima?”
Conan, sgattaiolato nella stanza senza farsi vedere da Kogoro, e che fino a pochi istanti prima stava dando la sua prima occhiata alla scena del delitto, si avvicinò con aria curiosa al detective accucciato per terra con le ginocchia sulle piastrelle bianche del pavimento.
“Che sia con questo...” continuava Kogoro, sempre più infervorato, “che ha ridotto la vittima ad una maschera di sangue?!”
Conan si mise in punta di piedi per sbirciare al di sopra della spalla dello zietto.
Mossa sbagliata.
Kogoro scelse quel momento per esibire al mondo il risultato della sua ricerca, l’arma del delitto; sollevò in alto l’oggetto che teneva in mano, rischiando di darlo in faccia a Conan che si stava sporgendo oltre la sua spalla e che nel cercare di evitare l’impatto si sbilanciò indietro finendo per terra, sbattendo il sedere contro le piastrelle bianche.
L’oggetto in questione, sollevato in aria dal trionfante Mouri, rivelò la sua vera essenza: era uno scopettino per il water. Bianco.
Conan represse un conato e ringraziò tutti i kami che conosceva per avergli risparmiato l’esperienza di sbattere con la faccia contro quella cosa. Perché diavolo Kogoro stesse sventolando in giro quell’affare puzzolente non lo capiva proprio! Si era posizionato in una posa plastica a gambe divaricate, con quella cosa bianca in mano e la sua risata sguaiata echeggiava nella stanza piastrellata. Almeno avesse smesso di dimenare lo scopettino a destra e a sinistra, stava schizzando sangue dappertutto...
Conan rimase di sasso, fissando come inebetito lo scopino in mano a Kogoro: sulle sue setole spiccava l’inconfondibile rosso rubino del sangue fresco.
Conan fece tanto d’occhi ma non disse una parola.
Il detective Mouri intanto era uscito dal bagno a grandi passi e si era piazzato nel corridoio della pensione dove lui, Conan, Ran e Sonoko alloggiavano da un paio di giorni. Quel pomeriggio Sonoko aveva insistito per andare con Ran fino ad un punto panoramico lì vicino e aveva rifiutato categoricamente di portarsi dietro anche il piccolo.
‘E così eccomi qui alle prese con l’ennesimo mistero’, sospirò il bambino, uscendo dietro a Mouri nel corridoio, ‘Se non fossi rimasto non avrei potuto assistere a questa scena...’
Kogoro, con lo scopino ritto in mano manco fosse uno jutte, stava proclamando a gran voce ai presenti – il padrone della pensione, tale signor Yamamoto, la moglie di lui e un paio di ospiti – che dopo attente ricerche aveva trovato l’arma usata per compiere la barbarie!
“Eccola qui, signori! Questo è ciò che è stato usato dall’assassino per deturpare in quel modo abominevole il volto della vittima!”
Nella stanza si levò un “ohhhh” di ammirazione.
“Caro, perchè il signor Mouri parla di nostro figlio come della vittima?”, chiese la moglie del signor Yamamoto al marito che guardava Kogoro con i lucciconi negli occhi e l’aria di chi sta venerando un idolo. “Nostro figlio è semplicemente...”
“Zitta!! Che vuoi saperne tu?! Il grande detective Kogoro Mouri sa sempre quello che dice è un grande e se lui dice che c’è stata una vittima c’è stata una vittima e adesso zitta fallo parlare!!”, e detto questo rivolse nuovamente la sua totale attenzione al discorso di Kogoro, pendendo dalle sue labbra.
La donna non fece una piega e, memore dell’adorazione viscerale che il marito rendeva al detective Mouri – adorazione che manifestava con tonnellate di videocassette con le registrazioni degli interventi in tv di Kogoro Mouri, poster di Kogoro Mouri in smoking con rosa rossa fra i denti appesi dovunque e baffetti a immagine e somiglianza di quelli di Kogoro Mouri che il marito si era fatto crescere - non disse nulla. Ma cacciò un sospiro esagerato.
Conan, pochi metri più in là, la imitò.
“Sono certo che confrontando i graffi rinvenuti sul volto della vittima...” Kogoro continuava con la sua spiegazione, sempre più convinto, “...riscontreremo che combaciano alla perfezione!”
Fece una pausa ad effetto, si schiarì la voce e assunse la posa alla Detective Fichissimo che sfoggiava, identica, nel poster posto nella parete più in vista della camera del signor Yamamoto; mancava solo la rosa tra i denti.
Conan, con le mani in tasca e l’espressione annoiata, lo lasciò fare; del resto non aveva capito neanche lui cos’era successo in quel bagno. E poi una figuraccia ogni tanto al vecchio Mouri non avrebbe fatto più di tanto male. Anzi, avrebbe potuto perfino essere divertente.
Per lui, ovviamente.
“Che succede qui?! Cos’è tutto questo baccano?!”
Il nuovo arrivato era un vecchietto canuto munito di bastone e di un carattere infernale.
Al momento guardava torvo il gruppetto riunito davanti alla porta del bagno, capitanato da quello spaventapasseri baffuto che piaceva tanto a suo figlio e che lui trovava decisamente insopportabile.
“Nonno, che fa in piedi? Dovrebbe essere nella sua stanza a riposare”, lo rimproverava la nuora, ansiosa di mandar via il vecchio brontolone prima che dicesse qualcosa di maleducato agli ospiti.
“Io faccio quello che voglio!” tuonò il vecchietto.
“Ma, nonno...”
“E che ci fa tutta questa gente davanti alla porta del bagno? Un povero vecchio non può neanche andare al gabinetto in pace?!”
“Papà, hanno aggredito tuo nipote e ora il supremo detective Mouri...”
“Ma quale aggredito?! Vi do cinque minuti per sgombrare, poi ve la vedrete con me!” e, dimenando il bastone, se ne tornò borbottando nella sua stanza.
Il padrone della pensione guardò Kogoro con aria profondamente mortificata e lo pregò di continuare con le sue spiegazioni
Mouri si schiarì la voce e stava per riattaccare quando si udì un lamento proveniente da una stanza vicina.
“Perfetto!” esclamò Kogoro, “la povera vittima ha ripreso conoscenza! Ora ci potrà dire il nome del suo barbaro aggressore!”
Tutti si accalcarono davanti alla stanza da cui era provenuto il lamento. Kogoro prese l’iniziativa e aprì la porta.
Al centro della stanza c’era un divano con disteso sopra un giovane di circa vent’anni con tutta la faccia bendata e un paio di cerotti qua e là.
“Oh figliolo, ti fa tanto male, non è vero?!” esclamò la signora, con i lacrimoni. “Adesso ti do un antidolorifico!”
“Figliolo! Dillo al grande e infallibile detective Mouri chi ti ha fatto una cosa tanto abominevole!”
“Ma caro, chi vuoi che sia stato? Chi se non—“
“Signora, lasci parlare la vittima!” interruppe Kogoro. “Di sicuro deve aver visto l’aggressore prima di cadere a terra e battere la testa.”
‘Ah, già...’, pensò Conan con la solita espressione annoiata, ‘c’era un bel po’ d’acqua per terra nel bagno. Questo tizio dev’essere semplicemente scivolato. Però...’, si mise una mano sotto il mento, pensieroso, ‘non si spiegano le ferite sul volto.’ Guardò Kogoro che cercava di spronare il giovane a parlare, ricevendo in risposta solo grugniti e gemiti di dolore. ‘Che sia entrato davvero qualcuno? Ma perché graffiare quel ragazzo?’
Conan continuava a rimuginare mentre Kogoro e gli altri cercavano di tradurre in frasi di senso compiuto tutti i vari grugniti provenienti dalla bocca del ragazzo, con scarsi risultati.
“Povero tesoro mio, non riesce ad articolare parola!”
“Per articolare articola, ma non si capisce un’acca!”
“Avanti, ragazzo, cerca di rispondere!”
“Non è che la benda gli impedisce di parlare?”
Tutti si voltarono verso Conan e lo guardarono con tanto d’occhi.
Poi, perplessi, si ri-voltarono a guardare il giovane bendato.
“Oh, ma tu guarda! Ha ragione!”
“E’ proprio vero che gli occhi dei bambini vedono cose che a noi adulti sfuggono!”
“Ehehe, già!” sorrise Conan. Poi, tra se: ‘Ma come sono messi questi qua? E’ già tanto che questo poveretto non sia morto per soffocamento!’
“Ecco, tesoruccio, adesso puoi parlare...”
“Coraggio, ragazzo mio, non aver paura!”
Tutti fissarono il giovane sul divano. Lui, sentendosi un attimino a disagio con addosso l’attenzione di tutti, si guardò intorno; poi iniziò a parlare, lentamente...
“E’ che Artaserse ha...”
“Artaserse?! E’ il nome dell’aggressore?!” saltò su Kogoro. “Ma allora lo conosce!! Che colpo di fortuna, andiamo ad acciuffarlo e sbatterlo in...”
“Artaserse è il gatto!” lo interruppe il signor Yamamoto. “Stamattina era qui, ma è da un po’ che non lo vedo. Chissà dov’è andato?”
“Comunque,” riprese Kogoro, “adesso il gatto non ci interessa! Andiamo, ragazzo, dicci chi è stato ad aggredirti!”
“Ma io...”
“Ancora qui siete?!” tuonò dal corridoio nonno Yamamoto, uscito dalla sua camera dopo i cinque minuti di tregua concessi. “E’ da prima che aspetto che il bagno si liberi, da quando quello scemo di mio nipote se n’è appropriato a tradimento e ci si è chiuso con il gatto! Non mi ha neanche lasciato finire gli affari miei! Ma non importa, basta che non sia più presidiato da voialtri!” E si imbucò nella toilette.
La signora Yamamoto sospirò e si rivolse a Mouri: “Quello che mio figlio sta cercando di dirle è che è stato il gatto!”
“Cooosa?! Il gatto?!” esclamarono in coro tutti quanti, compreso Conan - che questa proprio non se l’aspettava.
“Sì. Odia l’acqua e quando il mio figliolo cerca di lavarlo va su tutte le furie. Certo, non l’aveva mai graffiato così tanto”, guardò il figlio con la faccia bendata e tutto incerottato, “ma devo ammettere che una cosa simile è accaduta altre volte.”
Il giovane annuì e abbassò la testa, vergognoso.
Kogoro era allibito. “Ma... ma...” continuò a balbettare guardando in alternanza il padrone della pensione e la signora. “Perchè non l’avete detto subito?”
“Beh, eccelso detective Mouri” blandì il signor Yamamoto, con mille stelline negli occhi, “averla qui è di per se un grande onore ma vederla in azione... beh, come dire... e poi ero certo che il mio figliolo avesse subito una grave aggressione!”
“Sa com’è”, continuò la moglie, “gira voce che dove soggiorna lei accada sempre qualcosa!”
E dopo aver fornito le loro valide spiegazioni, i due coniugi sorrisero di un sorriso candido e innocente, con tanto di luce angelica a illuminarli dall’alto.
“Ma... ma....” balbettava ancora Kogoro, incredulo, “e questo allora?!” E alzò lo scopino che aveva tenuto in mano per tutto il tempo e che fino ad allora aveva creduto indispensabile per la soluzione del caso.
“Ecco chi ruba le cose dai bagni degli altri!” ruggì il nonno, uscito dal bagno inviperito e tutto rosso in faccia. Strappò di mano a Kogoro lo scopino e se ne tornò arrancando da dove era venuto, brontolando qualcosa a proposito dei detective impiccioni che vanno a mettere le mani nei water delle persone per bene.
“Povero papà”, il padrone della pensione scosse la testa, “bisogna capirlo, per lui è una gran fatica andare in bagno, per questo è sempre di cattivo umore.”
“Fatica ad andare in bagno?” chiese Kogoro con gli occhi spalancati.
“Eh già, sa...” l’uomo si sporse verso Mouri con l’aria di chi sta per svelare un segreto. “Ha un problema di emorroidi, poverino. Sapesse quanto sangue perde quando... ehm, va.”
Kogoro non si mosse nè parlo. Rimase impietrito a fissare la propria mano che fino a poco prima reggeva lo scopino, con uno strano tic all’occhio sinistro.
Conan, al suo fianco, si era nascosto la faccia contro il palmo della mano, ma dagli spiragli si notava una bizzarra colorazione verdognola sul volto.
“Beh” esclamò allegra la signora, “adesso che è finito il suo detective show posso andare a prendermi cura del mio figliolo. Tra poco dovrebbero tornare le ragazze, d’altro canto dev’essere quasi ora di pranzo” e guardò l’orologio per accertarsene; poi guardò prima Kogoro e poi Conan e disse allegramente: “Allora, cosa vi preparo di buono, signori?”
“Non abbiamo fame!” gridarono in coro i due detective, ora entrambi color verde palude. Trenta secondi dopo erano in cortile a respirare aria fresca a pieni polmoni e a meditare di cambiare pensione.
Il gatto li guardava dal ramo di un albero. A lui era andata più che bene. E che ci provasse di nuovo, quel ragazzotto scemo, a metterlo a mollo.
Artaserse si accucciò meglio sul ramo e mosse ritmicamente la coda. Nella penombra tra i rami pareva sogghignare.
Fandom. Detective Conan
Personaggi. Conan, Kogoro
Rating. PG
Warning. crack
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Riassunto. L’oggetto in questione, sollevato in aria dal trionfante Mouri, rivelò la sua vera essenza: era uno scopettino per il water. Bianco.
Disclaimer. I personaggi che compariranno loro malgrado in questa cosa che ho la sfacciataggine di chiamare fanfiction sono di proprietà di Gosho Aoyama e degli altri soggetti aventi diritto. Come al solito li restituirò senza un graffio e bla bla bla ma con l’autostima a terra e vergognosi come bimbette timide, tanto da non riuscire a mostrarsi al loro pubblico adorante per almeno un mese. Se il prossimo file uscirà in Giappone con un mese di ritardo saprete perché.
“Che sia questo?”
Il detective Kogoro Mouri allungò timorosamente una mano, munita di fazzoletto per non cancellare le impronte, ad afferrare l’oggetto in questione; lo squadrò con la bocca aperta e un’espressione reverenziale.
“Che sia con questo... che l’aggressore ha colpito la vittima?”
Conan, sgattaiolato nella stanza senza farsi vedere da Kogoro, e che fino a pochi istanti prima stava dando la sua prima occhiata alla scena del delitto, si avvicinò con aria curiosa al detective accucciato per terra con le ginocchia sulle piastrelle bianche del pavimento.
“Che sia con questo...” continuava Kogoro, sempre più infervorato, “che ha ridotto la vittima ad una maschera di sangue?!”
Conan si mise in punta di piedi per sbirciare al di sopra della spalla dello zietto.
Mossa sbagliata.
Kogoro scelse quel momento per esibire al mondo il risultato della sua ricerca, l’arma del delitto; sollevò in alto l’oggetto che teneva in mano, rischiando di darlo in faccia a Conan che si stava sporgendo oltre la sua spalla e che nel cercare di evitare l’impatto si sbilanciò indietro finendo per terra, sbattendo il sedere contro le piastrelle bianche.
L’oggetto in questione, sollevato in aria dal trionfante Mouri, rivelò la sua vera essenza: era uno scopettino per il water. Bianco.
Conan represse un conato e ringraziò tutti i kami che conosceva per avergli risparmiato l’esperienza di sbattere con la faccia contro quella cosa. Perché diavolo Kogoro stesse sventolando in giro quell’affare puzzolente non lo capiva proprio! Si era posizionato in una posa plastica a gambe divaricate, con quella cosa bianca in mano e la sua risata sguaiata echeggiava nella stanza piastrellata. Almeno avesse smesso di dimenare lo scopettino a destra e a sinistra, stava schizzando sangue dappertutto...
Conan rimase di sasso, fissando come inebetito lo scopino in mano a Kogoro: sulle sue setole spiccava l’inconfondibile rosso rubino del sangue fresco.
Conan fece tanto d’occhi ma non disse una parola.
Il detective Mouri intanto era uscito dal bagno a grandi passi e si era piazzato nel corridoio della pensione dove lui, Conan, Ran e Sonoko alloggiavano da un paio di giorni. Quel pomeriggio Sonoko aveva insistito per andare con Ran fino ad un punto panoramico lì vicino e aveva rifiutato categoricamente di portarsi dietro anche il piccolo.
‘E così eccomi qui alle prese con l’ennesimo mistero’, sospirò il bambino, uscendo dietro a Mouri nel corridoio, ‘Se non fossi rimasto non avrei potuto assistere a questa scena...’
Kogoro, con lo scopino ritto in mano manco fosse uno jutte, stava proclamando a gran voce ai presenti – il padrone della pensione, tale signor Yamamoto, la moglie di lui e un paio di ospiti – che dopo attente ricerche aveva trovato l’arma usata per compiere la barbarie!
“Eccola qui, signori! Questo è ciò che è stato usato dall’assassino per deturpare in quel modo abominevole il volto della vittima!”
Nella stanza si levò un “ohhhh” di ammirazione.
“Caro, perchè il signor Mouri parla di nostro figlio come della vittima?”, chiese la moglie del signor Yamamoto al marito che guardava Kogoro con i lucciconi negli occhi e l’aria di chi sta venerando un idolo. “Nostro figlio è semplicemente...”
“Zitta!! Che vuoi saperne tu?! Il grande detective Kogoro Mouri sa sempre quello che dice è un grande e se lui dice che c’è stata una vittima c’è stata una vittima e adesso zitta fallo parlare!!”, e detto questo rivolse nuovamente la sua totale attenzione al discorso di Kogoro, pendendo dalle sue labbra.
La donna non fece una piega e, memore dell’adorazione viscerale che il marito rendeva al detective Mouri – adorazione che manifestava con tonnellate di videocassette con le registrazioni degli interventi in tv di Kogoro Mouri, poster di Kogoro Mouri in smoking con rosa rossa fra i denti appesi dovunque e baffetti a immagine e somiglianza di quelli di Kogoro Mouri che il marito si era fatto crescere - non disse nulla. Ma cacciò un sospiro esagerato.
Conan, pochi metri più in là, la imitò.
“Sono certo che confrontando i graffi rinvenuti sul volto della vittima...” Kogoro continuava con la sua spiegazione, sempre più convinto, “...riscontreremo che combaciano alla perfezione!”
Fece una pausa ad effetto, si schiarì la voce e assunse la posa alla Detective Fichissimo che sfoggiava, identica, nel poster posto nella parete più in vista della camera del signor Yamamoto; mancava solo la rosa tra i denti.
Conan, con le mani in tasca e l’espressione annoiata, lo lasciò fare; del resto non aveva capito neanche lui cos’era successo in quel bagno. E poi una figuraccia ogni tanto al vecchio Mouri non avrebbe fatto più di tanto male. Anzi, avrebbe potuto perfino essere divertente.
Per lui, ovviamente.
“Che succede qui?! Cos’è tutto questo baccano?!”
Il nuovo arrivato era un vecchietto canuto munito di bastone e di un carattere infernale.
Al momento guardava torvo il gruppetto riunito davanti alla porta del bagno, capitanato da quello spaventapasseri baffuto che piaceva tanto a suo figlio e che lui trovava decisamente insopportabile.
“Nonno, che fa in piedi? Dovrebbe essere nella sua stanza a riposare”, lo rimproverava la nuora, ansiosa di mandar via il vecchio brontolone prima che dicesse qualcosa di maleducato agli ospiti.
“Io faccio quello che voglio!” tuonò il vecchietto.
“Ma, nonno...”
“E che ci fa tutta questa gente davanti alla porta del bagno? Un povero vecchio non può neanche andare al gabinetto in pace?!”
“Papà, hanno aggredito tuo nipote e ora il supremo detective Mouri...”
“Ma quale aggredito?! Vi do cinque minuti per sgombrare, poi ve la vedrete con me!” e, dimenando il bastone, se ne tornò borbottando nella sua stanza.
Il padrone della pensione guardò Kogoro con aria profondamente mortificata e lo pregò di continuare con le sue spiegazioni
Mouri si schiarì la voce e stava per riattaccare quando si udì un lamento proveniente da una stanza vicina.
“Perfetto!” esclamò Kogoro, “la povera vittima ha ripreso conoscenza! Ora ci potrà dire il nome del suo barbaro aggressore!”
Tutti si accalcarono davanti alla stanza da cui era provenuto il lamento. Kogoro prese l’iniziativa e aprì la porta.
Al centro della stanza c’era un divano con disteso sopra un giovane di circa vent’anni con tutta la faccia bendata e un paio di cerotti qua e là.
“Oh figliolo, ti fa tanto male, non è vero?!” esclamò la signora, con i lacrimoni. “Adesso ti do un antidolorifico!”
“Figliolo! Dillo al grande e infallibile detective Mouri chi ti ha fatto una cosa tanto abominevole!”
“Ma caro, chi vuoi che sia stato? Chi se non—“
“Signora, lasci parlare la vittima!” interruppe Kogoro. “Di sicuro deve aver visto l’aggressore prima di cadere a terra e battere la testa.”
‘Ah, già...’, pensò Conan con la solita espressione annoiata, ‘c’era un bel po’ d’acqua per terra nel bagno. Questo tizio dev’essere semplicemente scivolato. Però...’, si mise una mano sotto il mento, pensieroso, ‘non si spiegano le ferite sul volto.’ Guardò Kogoro che cercava di spronare il giovane a parlare, ricevendo in risposta solo grugniti e gemiti di dolore. ‘Che sia entrato davvero qualcuno? Ma perché graffiare quel ragazzo?’
Conan continuava a rimuginare mentre Kogoro e gli altri cercavano di tradurre in frasi di senso compiuto tutti i vari grugniti provenienti dalla bocca del ragazzo, con scarsi risultati.
“Povero tesoro mio, non riesce ad articolare parola!”
“Per articolare articola, ma non si capisce un’acca!”
“Avanti, ragazzo, cerca di rispondere!”
“Non è che la benda gli impedisce di parlare?”
Tutti si voltarono verso Conan e lo guardarono con tanto d’occhi.
Poi, perplessi, si ri-voltarono a guardare il giovane bendato.
“Oh, ma tu guarda! Ha ragione!”
“E’ proprio vero che gli occhi dei bambini vedono cose che a noi adulti sfuggono!”
“Ehehe, già!” sorrise Conan. Poi, tra se: ‘Ma come sono messi questi qua? E’ già tanto che questo poveretto non sia morto per soffocamento!’
“Ecco, tesoruccio, adesso puoi parlare...”
“Coraggio, ragazzo mio, non aver paura!”
Tutti fissarono il giovane sul divano. Lui, sentendosi un attimino a disagio con addosso l’attenzione di tutti, si guardò intorno; poi iniziò a parlare, lentamente...
“E’ che Artaserse ha...”
“Artaserse?! E’ il nome dell’aggressore?!” saltò su Kogoro. “Ma allora lo conosce!! Che colpo di fortuna, andiamo ad acciuffarlo e sbatterlo in...”
“Artaserse è il gatto!” lo interruppe il signor Yamamoto. “Stamattina era qui, ma è da un po’ che non lo vedo. Chissà dov’è andato?”
“Comunque,” riprese Kogoro, “adesso il gatto non ci interessa! Andiamo, ragazzo, dicci chi è stato ad aggredirti!”
“Ma io...”
“Ancora qui siete?!” tuonò dal corridoio nonno Yamamoto, uscito dalla sua camera dopo i cinque minuti di tregua concessi. “E’ da prima che aspetto che il bagno si liberi, da quando quello scemo di mio nipote se n’è appropriato a tradimento e ci si è chiuso con il gatto! Non mi ha neanche lasciato finire gli affari miei! Ma non importa, basta che non sia più presidiato da voialtri!” E si imbucò nella toilette.
La signora Yamamoto sospirò e si rivolse a Mouri: “Quello che mio figlio sta cercando di dirle è che è stato il gatto!”
“Cooosa?! Il gatto?!” esclamarono in coro tutti quanti, compreso Conan - che questa proprio non se l’aspettava.
“Sì. Odia l’acqua e quando il mio figliolo cerca di lavarlo va su tutte le furie. Certo, non l’aveva mai graffiato così tanto”, guardò il figlio con la faccia bendata e tutto incerottato, “ma devo ammettere che una cosa simile è accaduta altre volte.”
Il giovane annuì e abbassò la testa, vergognoso.
Kogoro era allibito. “Ma... ma...” continuò a balbettare guardando in alternanza il padrone della pensione e la signora. “Perchè non l’avete detto subito?”
“Beh, eccelso detective Mouri” blandì il signor Yamamoto, con mille stelline negli occhi, “averla qui è di per se un grande onore ma vederla in azione... beh, come dire... e poi ero certo che il mio figliolo avesse subito una grave aggressione!”
“Sa com’è”, continuò la moglie, “gira voce che dove soggiorna lei accada sempre qualcosa!”
E dopo aver fornito le loro valide spiegazioni, i due coniugi sorrisero di un sorriso candido e innocente, con tanto di luce angelica a illuminarli dall’alto.
“Ma... ma....” balbettava ancora Kogoro, incredulo, “e questo allora?!” E alzò lo scopino che aveva tenuto in mano per tutto il tempo e che fino ad allora aveva creduto indispensabile per la soluzione del caso.
“Ecco chi ruba le cose dai bagni degli altri!” ruggì il nonno, uscito dal bagno inviperito e tutto rosso in faccia. Strappò di mano a Kogoro lo scopino e se ne tornò arrancando da dove era venuto, brontolando qualcosa a proposito dei detective impiccioni che vanno a mettere le mani nei water delle persone per bene.
“Povero papà”, il padrone della pensione scosse la testa, “bisogna capirlo, per lui è una gran fatica andare in bagno, per questo è sempre di cattivo umore.”
“Fatica ad andare in bagno?” chiese Kogoro con gli occhi spalancati.
“Eh già, sa...” l’uomo si sporse verso Mouri con l’aria di chi sta per svelare un segreto. “Ha un problema di emorroidi, poverino. Sapesse quanto sangue perde quando... ehm, va.”
Kogoro non si mosse nè parlo. Rimase impietrito a fissare la propria mano che fino a poco prima reggeva lo scopino, con uno strano tic all’occhio sinistro.
Conan, al suo fianco, si era nascosto la faccia contro il palmo della mano, ma dagli spiragli si notava una bizzarra colorazione verdognola sul volto.
“Beh” esclamò allegra la signora, “adesso che è finito il suo detective show posso andare a prendermi cura del mio figliolo. Tra poco dovrebbero tornare le ragazze, d’altro canto dev’essere quasi ora di pranzo” e guardò l’orologio per accertarsene; poi guardò prima Kogoro e poi Conan e disse allegramente: “Allora, cosa vi preparo di buono, signori?”
“Non abbiamo fame!” gridarono in coro i due detective, ora entrambi color verde palude. Trenta secondi dopo erano in cortile a respirare aria fresca a pieni polmoni e a meditare di cambiare pensione.
Il gatto li guardava dal ramo di un albero. A lui era andata più che bene. E che ci provasse di nuovo, quel ragazzotto scemo, a metterlo a mollo.
Artaserse si accucciò meglio sul ramo e mosse ritmicamente la coda. Nella penombra tra i rami pareva sogghignare.